Lui era il più piccolo è si vedeva già che era alquanto malaticcio. Aveva gli occhi insanguinati e lacrimanti e il pelo sporco e bagnato. “Voglio lui” ho detto all’allevatore. Lui mi ha risposto “Prendi un altro. Lui non camperà molto. Sto anche pensando di sopprimerlo”. In quel momento ho capito cosa dovevo fare…

Avendo già un lupo cecoslovacco, non avevo completamente né l’intenzione, né la curiosità di prendere un altro cane… Un giorno, scorrevo la home, mi accorgo di un annuncio. 3 Chihuahua che venivano dati via perché non buoni per la riproduzione. Una era davvero molto bella, ipertipica, di un color miele che ti veniva voglia di prenderla e coccolarla. Un altro era magnifico davvero, occhi azzurri e pelo lungo.

Poi c’è n’era un altro. Era bianco arancio, più piccolo dei due è si vedeva già che era alquanto malaticcio. Occhi insanguinati e lacrimanti e il pelo così sporco e bagnato. Mi dissi che i primi due avrebbero trovato casa subito, ma lui? Chi l’avrebbe portato preso lui, così com’era? Brutto sporco e malato. Certo il posto dalla foto non sembrava mica male, anzi. Prati verdi e tanto spazio dove correre felici.

Il cuore cominciò a battermi veloce e decisi di fare una chiamata. Scartoffie da firmare e mi ritrovo a Como. Da sola. In cerca di questo presunto paradiso dove avrei provato a prendermi cura di quel piccolo sfortunato. Entro e già l’odore mi scombussola un po’. Vabbè entro e mi vedo questo presunto allevatore che mi si avvicina con un bel sorriso. Mi chiede perché volessi lui. Non va più bene, mi dice, sicuramente sta per morire, prendi uno degli altri due. Io dico no, voglio lui, così com’è. Mi dice che lo va a prendere e che me lo porta. Visto la mia natura da ‘ficcanaso’ entro, anche se non invitata per vedere dove lo tenevano. Prima mi imbatto nella prima gabbia. Dove ci sono i due Chihuahua, belli e profumati (eufemismo eh). L’odore è sempre più insopportabile, mi viene da vomitare mi dico, ma vado avanti.

La scena seguente non la dimenticherò mai nemmeno tra cent’anni. Lui in un angolo. Troppo piccolo, troppo sporco. Troppo arreso a quella vita che il destino aveva deciso di affidargli. Quella specie di “cella”, completamente inondata di acqua sporca, feci e urina. Il fango e la sporcizia lo avvolgevano, nessuna ciotola d’acqua, nessun cibo, nessuna coperta. E lui stava lì, arreso. L’allevatore si accorge di me e subito impreca e mi invita ad uscire. Lo pulisce alla meglio e lo molla dentro una scatola di cartone. Mi chiede di nuovo se sono sicura che voglio proprio lui, perché lui aveva pensato di sopprimerlo. Solo due anni e 1 kg e mezzo di cane. Io dico un secco SI voglio lui, e lo voglio adesso. Altre scartoffie, le firmo e lui mi porge il cartone.

 

Immediata la mia ira, prendo il piccolo, la mia giacca per coprirlo e il cartone glielo scaravento addosso. Gli dico che avrà mie notizie a breve e che la cosa non finisce qui. Afferra al volo e mi invita ad uscire IMMEDIATAMENTE. Vado via velocissima mi faccio due chilometri di bosco a piedi col cucciolo in braccio, erano le 21 circa quindi già buio. La fatica non la sento, sento solo il bisogno di prendermi cura di lui, di portarlo a casa subito. Io abito a Verona quindi non era così facile arrivare in fretta… 3 treni alla fine arrivo e subito lo lavo, e gli faccio una fetta di carne. Non mangiava non beveva. Traumatizzato.

Due settimane e l’allevamento viene smantellato perché appunto considerato lager.

Lui si chiama Marshall. Oggi ha quattro anni e non ha paura di niente!

È forte ed è grasso. (Per il grasso è colpa mia lo ammetto). Questa storia mi ha cambiato la vita e mi ha fatto sentire importante. Come se lo avessi davvero salvato…

 

Ho voluto raccontarvelo perché volevo condividere con voi questa mia esperienza drammatica ma con un dolce lieto fine.

Autrice: Daniela Leonardi

Articoli correlati